Brutte notizie sul fronte della lotta al Coronavirus. Secondo quanto emerso da uno studio effettuato da Sima insieme a ricercatori delle Università di Bologna, Trieste Bari oltre che a quelli dell’Ateneo Federico II di Napoli, tracce del virus sarebbero state individuate anche sul particolato PM. Una prima prova che, come anticipato dal presidente della Sima Alessandro Miani “apre la possibilità di testare la presenza del virus sul particolato atmosferico delle nostre città nei prossimi mesi, come indicato per rilevare precocemente la ricomparsa del coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia”. La ricerca, che fa seguito ad una pubblicazione intitolata “Valutazione della potenziale relazione tra l’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell’epidemia da Covid-19” (Position Paper).
Si tratta di un primo passo di una ricerca più ampia: diversi campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo sono stati raccolti, con due differenti campionatori d’aria, nell’arco del periodo compreso tra il 21 febbraio ed il 13 marzo allo scopo di cercare la presenza dell’RNA del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico. L’analisi è stata fatta dall’Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina ed i risultati parlano chiaro: la presenza del virus è stata riscontrata in 8 delle 22 giornate prese in esame, con risultati positivi confermati su 12 campioni per tutti e tre i marcatori molecolari (gene E, gene N e gene RdRP) uno dei quali peraltro specifico per rilevare la presenza dell’RNA virale del coronavirus. Il coordinatore del gruppo di ricerca scientifica Leonardo Setti ha dichiarato: “Possiamo confermare di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele”. Mentre Gianluici De Gennaro, che con Setti ha coordinato il lavoro, ha aggiunto: “questa è la prima prova che l’RNA del SARS-CoV-2 può essere presente sul particolato in aria ambiente, suggerendo così che, in condizioni di stabilità atmosferica e alte concentrazioni di PM, le micro-goccioline infettate contenenti il coronavirus SARS-CoV-2 possano stabilizzarsi sulle particelle per creare dei cluster col particolato, aumentando la persistenza del virus nell’atmosfera come già ipotizzato sulla base di recenti ricerche internazionali. L’individuazione del virus sulle polveri potrebbe essere anche un buon marker per verificarne la diffusione negli ambienti indoor come ospedali, uffici e locali aperti al pubblico. Le ricerche hanno ormai chiarito che le goccioline di saliva potenzialmente infette possono raggiungere distanze anche di 7 o 10 metri, imponendoci quindi di utilizzare per precauzione le mascherine facciali in tutti gli ambienti”.