La missione spaziale MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging), destinata ad osservare Mercurio, si è imbattuta in una fortunata scoperta sull’atmosfera di Venere.
La sonda MESSENGER, lanciata il 3 agosto 2004, a causa di alcuni ritardi è stata costretta ad usare il cosiddetto effetto fionda “fly-by”, per ben due volte attorno a Venere, nell’occasione del secondo sorvolo, il 5 giugno 2007, si decise di testare il funzionamento di vari dispositivi, tra questi lo spettrometro a neutroni, che aveva il compito di trovare tracce dei neutroni provenienti dagli atomi di idrogeno delle molecole d’acqua che si sospettava essere congelata all’interno dei crateri ai poli di Mercurio e sarebbe poi servito a “risolvere spazialmente la distribuzione di carbonio sulla superficie di Mercurio”, come spiegato dallo studioso Larry Nittler.
Tra i membri del team che decise di testare gli strumenti della sonda MESSENGER vi era un fisico nucleare dell’Apl David Lawrence che anni dopo, nel 2010, insieme ad un suo collega Patrick Peplowski, riguardarono le misurazioni ottenute in quell’occasione e basandosi sul fatto che l’azoto è ottimo nell’eliminare neutroni liberi, il numero di neutroni rilevati su Venere doveva dipendere dalla quantità di azoto presente in atmosfera. Gli scienziati svolsero alcune simulazioni considerando varie sezioni dell’atmosfera venusiana, poi confrontate con i dati ottenuti dalla sonda, scoprendo che la corrispondenza migliore la si aveva quando l’azoto atmosferico costituiva il 5 per cento del volume, circa una volta e mezzo quello misurato nella parte bassa dell’atmosfera. Ebbene il 20 aprile di quest’anno si è avuta su Nature Astronomy la pubblicazione della notizia che al di sopra dei 50 chilometri sopra la superficie di Venere le concentrazioni di azoto aumentano considerevolmente, dimostrando che l’atmosfera del pianetaè tutt’altro che uniforme, come si riteneva in precedenza.
Articolo di Gianluigi Califano