Il calore emesso dalla radioattività potrebbe riscaldare abbastanza questi pianeti, tanto da consentirne la presenza dell’acqua liquida.
Non troppo vicino, ma non troppo lontano. Questa è stata a lungo la regola che descrive la distanza ideale di un pianeta rispetto alla sua stella,per sostenere forme di vita. Ma un nuovo studio sfida questa certezza: un pianeta potrebbe mantenere l’acqua e altri liquidi sulla sua superficie se è riscaldato, non dalla luce de una stella, ma dal decadimento radioattivo. Ciò apre la possibilità a molti pianeti, anche a mondi fluttuanti e liberi dalle stelle, di ospitare la vita. Isotopi radioattivi come uranio-238, torio-232 e potassio-40 rappresentano una possibile fonte di calore che potrebbe riscaldare le atmosfere degli oggetti lontani dalle stelle. Man mano che questi radionuclidi instabili decadono, infatti, generano una piccola quantità di energia. Ora i ricercatori hanno ipotizzato come alcuni pianeti, in particolare quelli che si formano vicino al centro della nostra Galassia, possano avere abbastanza isotopi radioattivi da formare il calore sufficiente ad impedire alle loro superfici di congelarsi completamente. “Questo fenomeno potrebbe rendere abitabile qualsiasi pianeta” afferma Avi Loeb, un astrofisico dell’Università di Harvard e coautore del nuovo studio dal titolo “Non devi essere vicino a una stella.” Manasvi Lingam, un astrobiologo del Florida Institute of Technology, ha analizzato tre fonti di calore che potrebbero alimentare un pianeta senza sole: il calore rimasto dalla sua formazione, il decadimento radioattivo di isotopi di lunga durata per miliardi di anni e il decadimento radioattivo di breve isotopi attivi per centinaia di migliaia di anni. A questo punto gli esperti hanno realizzato dei modelli di pianeti, con diverse temperature superficiali, masse e radionuclidi. A tutto ciò si aggiunge l’acqua, ammoniaca ed etano, tre solventi trovati nel Sistema Solare, che potrebbero essere presenti su queste superfici.
Riscaldare un pianeta abbastanza da rendere liquida l’acqua richiede una quantità di isotopi radioattivi pari circa 1000 volte rispetto a quelli presenti sulla Terra spiega il rapporto di Lingman e Loeb pubblicato su The Astrophysical Journal Letters. I due espertii hanno scoperto come i pianeti con la stessa massa della Terra, ma con circa 100 volte l’abbondanza di radionuclidi, produrrebbero abbastanza calore da mantenere liquido di etano per centinaia di milioni di anni. Ma i livelli di radiazione su tali mondi sarebbero, però, centinaia di volte superiori alle dosi medie subite dai residenti di Chernobyl. È improbabile che la vita multicellulare sopravviva a tale irradiazione” – dichiara Lingam. Ma alcuni dei microbi, i più estremi della Terra, avrebbero farcela. Il Deinococcus radiodurans, ad esempio, è un batterio altamente resistente alle radiazioni, in grado di vivere in queste condizioni. Ma quali pianeti potrebbero presentare una così abbondante scorta di radionuclidi? Si tratterebbe dei corpi celesti nati vicino al centro della Via Lattea. In un’area in cui i elementi pesanti come l’uranio e il torio siano stati prodotti da collisioni tra stelle di neutroni; un fenomeno comune nell’affollato centro galattico. Se uno di questi mondi esiste, affermano gli esperti, il Telescopop Spaziale ”Caccia pianeti” James Webb Space Telescope, potrebbe individuarlo per le forti radiazione che emetterebbe.