Il terremoto che il 26 dicembre ha colpito il versante orientale dell’Etna ha innescato un notevole movimento della Faglia di Fiandaca e delle strutture limitrofe. I risultati della ricerca.
Il terremoto che il 26 dicembre ha interessato il fianco orientale dell’Etna, con una magnitudo 4.9 ed una profondità inferiore al chilometro, ha rappresentato l’evento ”più energetico” degli ultimi settanta anni sul vulcano attivo più alto d’Europa. La poca distanza dalla superficie ha prodotto, inoltre, una rottura di una faglia, conosciuta anche con il nome di Faglia di Fiandaca, lungo una distanza di otto chilometri, dal comune di Acicatena fino alla località ”Monte Ilice”. Il fenomeno, spiegano gli esperti, ha prodotto la ”mobilizzazione” di diverse formazioni minori vicine. A rivelarlo è l’INGV, alla luce dei dati raccolti da oltre novemila punti di osservazione sulla faglia anche grazie alla luce delle rilevazioni dei droni.
A seguito del terremoto, sono state avvistate, anche lungo le strade e le costruzioni dell’area, spostamenti anche di trenta centimetri in direzione orizzontale, con danni considerevoli che si aggiungono a quelli del sisma vero e proprio dell’area epicentrale, soprattutto tra i comuni di Fleri e Pennisi. Le ricadute dei movimenti di faglia, legati al terremoto del 26 dicembre, risultano paragonabili ai sismi di magnitudo 6.0; ma nelle aree prossime ai vulcani si producono anche con terremoti di 3.5 gradi della Scala Richter.