Sono 136 le voragini registrate a Roma nel corso dei dieci mesi del 2018, un vero e proprio record. Se negli anni scorsi gli eventi registrati superavano le poche decine, oggi il fenomeno delle strade sprofondate rappresenta quasi la quotidianità. Ma quali sono le cause dell’impennata del numero dei ”sinkholes” negli ultimi tempi? All’origine delle voragini c’è la natura stessa della capitale, ma soprattutto l’attività antropica che, nel corso dei secoli, ha portato alla creazione di una serie di cunicoli. Cave per l’estrazione dei materiali di costruzione, poi riutilizzate per sepolture o culto, fungaie, gallerie, acquedotti e antiche fognature; il sottosuolo romano è costellato di ”vuoti”, anche molto profondi.
Le piogge, il peso sempre maggiore del traffico veicolare e la mancanza di un’adeguata manutenzione alimentano a dismisura il rischio che il terreno ceda trascinando con sé le strade con i veicoli. Vaste aree del sottosuolo romano sono, inoltre, ancora del tutto ignote con una mancata mappatura dei vari cunicoli che percorrono le profondità della capitale. Le aree maggiormente colpite dalle voragini sono l’area occidentale, i quartieri di Monteverde Vecchio, Gianicolense e Portuense, nell’area dell’Aventino, del Palatino e dell’Esquilino. A descrivere la situazione sempre più preoccupante della capitale è il “Il Piano Roma Sicura” nel quale sono indicate anche le zone maggiormente esposte al rischio frane come Monte Mario, viale Tiziano, Monteverde vecchio e Balduina.