Non vengono ancora considerati “malati terminali” ma la loro situazione è comunque precaria e di “forte agonia”. Stiamo parlando dei ghiacciai alpini e di quaelli altoatesini, che vivono una fase estremamente critica, come sottolineato dal vicedirettore dell’ufficio idrologico della Provincia di Bolzano Roberto Dinale il quale ha rilevato come tali ghiacciai si siano ritirati, rispetto all’ultimo massimo raggiunto nel corso della piccola era glaciale, nella seconda metà del 1800, del 60-70% circa.
Lo si evince osservando le immagini dei ghiacciai stessi, come sottolineato dal glaciologo secondo il quale “il 2018 è un anno particolarmente negativo per i ghiacciai. Stimiamo che entro fine settembre – ha aggiunto – la perdita complessiva di spessore sarà di circa due metri rispetto all’anno scorso, mentre in un anno normale le perdite sono generalmente di circa un metro e solo un anno ogni dieci il bilancio di massa risulta positivo”. Insomma un trend negativo che pare non volersi fermare e che non sembra più possibile poter arrestare. Dinale infatti ha aggiunto che se anche oggi azzerassimo le emissioni di gas serra, solo tra alcuni secoli ne potremmo tranne dei benefici”. A risentirne saranno prevalentemente le risorse idriche e, conseguentemente, il settore dell’agricoltura.