Secondo i ricercatori dell’Università di Kyoto i fulmini sarebbero in grado di generare antimateria, immediatamente annullata dall’interazione con la materia. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha rivelato una serie di dati catturati attraverso una rete di rilevatori di raggi gamma realizzata sulle coste del Giappone. Un notevole picco di raggi gamma è stato individuato, nel febbraio del 2017, a Kashiwazaki, subito dopo un fulmine. Analizzando i dati gli esperti hanno individuato tre lampi gamma, di diversa entità. Nel primo caso l’evento ha avuto una durata minima, pari a un millisecondo, il secondo è stato classificato come un bagliore residuo mentre il terzo si è protratto per quasi un minuto.
Dai dati analizzati è emerso come il primo lampo gamma sia stato prodotto da un fulmine come anche gli altri due eventi. Il secondo, in particolare, sarebbe il frutto di un processo che ha portato i raggi gamma del fulmine a cacciare dal nucleo dell’azoto, presente nell’atmosfera, un neutrone che successivamente è stato riassorbito dalle particelle dell’atmosfera con la produzione del bagliore di raggi gamma. Il terzo avvistamento di antimateria, invece, sarebbe il frutto del collasso degli atomi atmosferici instabili per la mancanza dei neutroni: tutto ciò avrebbe prodotto le particelle di antimateria. Queste ultime, i positroni, si sarebbero scontrate con la materia, gli elettroni, producendo il rilascio dei raggi gamma.