Sono più di ottocento milioni le persone che, nel mondo, vivono alle falde di un vulcano attivo. Dal Vesuvio, in Italia, al Monte Sant’Elena negli Usa la questione su come mettere al sicuro le persone dalle eruzioni è sempre più attuale. In uno studio pubblicato sulle pagine del Journal of Applied Volcanology, realizzato sulla base di una serie di dati raccolti dal dal 1500 ad oggi, le persone uccise dalle eruzioni o dai fenomeni vulcanici secondari risultano quasi trecentomila. La ricerca, realizzata dall’università di Bristol, si è basata su un lunga serie di documenti storici, rapporti ufficiali e pagine di cronaca, giungendo alla conclusione che sono stati circa 278.000 i residenti, i turisti, gli scienziati ed i giornalisti uccisi dai vulcani, in diverse situazioni.
Lo studio ha preso in considerazione tutti i rischi derivanti dalla diversa distanza dai vulcani. Le bombe vulcaniche, ovvero piccole parti di lava espulse dal vulcano, rappresentano la minaccia maggiore in vicinanza dal cratere. Ad una distanza compresa tra i cinque ed i quindici chilometri, invece, il pericolo maggiore è rappresentato dalle colate laviche, dalle ceneri e dai gas. Sulle isole, invece, uno dei rischi più gravi è l’arrivo di un’onda di tsunami.