Poco prima del terremoto di Amatrice la composizione delle acque è cambiata. E’ il punto di partenza per una ricerca che potrebbe contribuire a fare chiarezza sui precursori sismici. In una ricerca realizzata dall’Università Sapienza di Roma e pubblicata sulle pagine di Nature, gli esperti puntano il dito su un fenomeno individuato tra il marzo ed l’aprile del 2016, in sette sorgenti, ed in un pozzo nella zona di Sulmona, a circa settanta chilometri del terremoto. Nell’acqua è stato rilevato un aumento del livello di acidità e della concentrazione di ferro, vanadio ed arsenico. Si tratta di modifiche misurate anche in un periodo successivo al sisma principale. E’ stato individuato, inoltre, un aumento del livello delle acque nelle falde. Oggi, a distanza di più di oltre tredici mesi, i valori sono tornati nella norma.
Secondo gli studiosi si tratta di indizi concreti, anche se prevedere i terremoti appare un risultato tutt’altro che alla portata. Secondo Andrea Billi, dell’Istituto di Geologia Ambientale del Cnr, le alterazioni delle concentrazioni chimiche nell’acqua potrebbero derivare dalla penetrazione delle acque profonde nelle falde superficiali. I dati su Amatrice sono stati raccolti nel 2015, una volta al mese, in un periodo in cui si sarebbe prodotte una serie di fratture a dieci chilometri di profondità. Il fenomeno ha prodotto l’infiltrazione delle acque profonde, con un’acidità maggiore per l’alto contenuto di anidride carbonica e composti vulcanici ed idrotermali, in quelle superficiali. I dati sono significativi, ma non utilizzabili per ogni area. Solo il monitoraggio costante delle singole macroaree, spiegano gli studiosi, potrebbe produrre risultati soddisfacenti.