I disastri ambientali dell’uomo sono molto più antichi di quanto potessimo immaginare. I geologi dell’Università di Tel Aviv hanno individuato le prove di come i nostri antenati dell‘Età della Pietra abbiano modificato l’area intorno al Mar Morto in un’epoca risalente a centinaia di migliaia di anni fa. Grazie a un profondo carotaggio gli esperti sono riusciti ad esplorare le caratteristiche del fondale del bacino tra Giordania e Israele fino ad una profondità di 457 metri portando alla luce i sedimenti risalenti fino ad un periodo di 220mila anni fa.
Tracce di un’inequivocabile trasformazione dell’ambiente sono state rilevate dagli studiosi già nel materiale risalente a 11.500 anni fa, con un livello di erosione incompatibile con i processi naturali. In pratica, in una particolare fase del Neolitico, durante quale l’uomo stava passando dallo stato di nomadismo allo stanziamento, furono realizzati dei veri e propri stravolgimenti della zona con un radicale abbattimento degli alberi per far posto alle colture ed ai pascoli. E le tracce di questi disastri ambientali sono più che mai visibili nel livello di erosione dei sedimenti, pari al quadruplo del passato. La scoperta degli studiosi israeliani, secondo alcuni, potrebbe rappresentare uno dei primi sviluppi dell’era geologica Antropocene, l’epoca caratterizzata dall’impatto dell’uomo sulla Terra.