Quando gli archeologi scoprirono delle tavolette, nei pressi dell’antichissima città di Ugarit in Siria, compresero subito che quelle iscrizioni in lingua hurrita avessero qualcosa di speciale. Si tratta di notazioni musicali, una serie di istruzioni su come suonare degli inni. Una in particolare fu tradotta nella sua interezza. Si tratta di un’antichissima ”canzone” o, meglio un invocazione, alla Dea Nikkai, protettrice dei frutteti e della fecondità.
Attraverso un’interpretazione accurata, gli esperti sono riusciti a risalire alle note che componevano questa antica canzone scoprendo come gli antichi Hurriti, popolazione stanziata in Mesopotamia nell’Età del Bronzo, conoscessero la scala diatonica di sette note. Il testo sembra un’invocazione alla Dea realizzata da una donna impossibilitata ad avere figli e le note sono state riprodotte nel 2010 dall’Opera House di Damasco al pianoforte. Si tratta di uno strumento cordofono come quello che utilizzavano gli Hurriti, molto simile alla lira. L’opera risale ad oltre 1.400 anni prima di Cristo e rappresenta, ad oggi, la più antica canzone mai riprodotta.