Nella prima metà del XVI secolo un’epidemia fece scomparire una delle civiltà più importanti del Centro America: gli Aztechi. Un popolo avanzato che era riuscito ad imporsi in una vasta area del Messico e che contava, all’approdo di Cortes, oltre 25 milioni di persone. Insomma una popolazione potente, ma che in pochi decenni si rudisse di milioni di individui. Ma cosa ha decimato gli Aztechi? Gli indigeni chiamavano l’oscuro male che li affliggeva “cocoliztli”, ovvero pestilenza, mentre i moderni studiosi hanno indicato il vaiolo, la febbre emorragica ed il tifo.
Ma una nuova ricerca, realizzata dal genetista tedesco Johannes Krause, ha rivelato un’altra possibile causa all’origine della scomparsa degli Aztechi: la salmonella. Lo studio ha preso in esame 29 sepolture risalenti al Cinquecento. Tutti gli individui analizzati sono stati uccisi dall’epidemia tra il 1545 ed il 1550, tranne cinque. Studiano il DNA batterico, gli esperti hanno così individuato il batterio della Salmonella enterica, una patologia che si trasmette attraverso le feci e che ancora oggi uccide una percentuale che va dal 10 al 15% degli infettati, soprattutto nei paesi poveri. La provenienza del batterio sarebbe, con tutta probabilità, europea.