Navi arrugginite immerse nella sabbia del deserto. Sembrerebbe una scena di un film apocalittico, ma è invece la triste realtà del Lago d’Aral. Un mare di sabbia dove prima c’era acqua: le condizioni attuali di uno dei bacini idrici più grandi al mondo, rappresentano appieno il fenomeno dei riscaldamento globale e della devastazione provocata dall’uomo. Il lago, tra l’Uzbekistan e il Kazakistan oggi si è ridotto del 75% rispetto agli anni sessanta e del 90% rispetto alle dimensioni originali: in pratica oggi del Lago d’Aral non rimane che un piccolo specchio d’acqua. Ma cosa ha determinato questo vero e proprio disastro?
Erano gli anni della Guerra Fredda quando l’Unione Sovietica decise di deviare il corso dei due affluenti maggiori del Lago d’Aral per stimolare la crescita della produzione del cotone e dell’agricoltura in un’area desertica come l’Uzbekistan. Il prosciugamento del lago si è accompagnato all’uso di diserbanti nelle attività agricole dell’area trasformando le acque in una miscela tossica. Il riscaldamento delle temperature, negli ultimi anni, ha fatto il resto.