I terremoti a cui assistiamo sono il risultato di un fenomeno che gli esperti semplificano con il termine “allontanamento delle due coste”. Mentre la placca tirrenica resta pressoché ferma, infatti, quella adriatica continua a spostarsi verso est. Questo comporta un’espansione dell’area tirrenica che si “stira” mentre quella Adriatica si comprime. La compressione delle placca comporta, tra gli altri fenomeni, all’eruzione di tanti vulcanelli il cui funzionamento è pari ad un brufolo che viene schiacciato.
Sono davvero tanti i piccoli edifici vulcanici alti pochi centimetri e dai quali fuoriesce argilla mista ad acqua. L’abbondante quantità di gas sotto pressione, insieme all’acqua, per il fenomeno che abbiamo descritto in precedenza, risale verso l’alto portando all‘eruzione del vulcanello. A seguito del terremoto del mese di agosto di Amatrice, ma soprattutto al sisma di Norcia di domenica, non si contano le eruzioni di vulcanelli registrate soprattutto nel fermano. Uno dei complessi più famosi è quello di Monteleone di Fermo. Si tratta di sei piccoli edifici posizionali lungo il fiume Ete. Se l’eruzioni di queste piccole colline, di solito, sono sporadiche e limitate a poche quantità di fango, dopo il terremoto di Norcia l’entità di materiale eruttato è aumentata a dismisura.