Una sorta di finestra su un mondo lontanissimo sia dal punto di vista geografico che temporale ci giunge dall’interpretazione di un manoscritto mongolo forse tratto da un’opera di Gengis Khan dal titolo “La Chiave della Mente”. Uno scritto importante quello del guerriero i cui insegnamenti sono stati tramandati per secoli con continue copie e rielaborazioni. Quella interpretata dagli esperti del Museo Nazionale Anojin, in Russia, doveva essere una delle tante versioni postume, probabilmente risalente ad un periodo tra il XIII ed il XIV secolo e poteva servire per insegnare ai giovani come vivere degnamente. Ma in cosa consistevano questi consigli risalenti a settecento anni fa?
“Non cedere alle persuasioni di un uomo cattivo”, “non raccontare i propri segreti ad un uomo di cui non puoi fidarti”, “non pronunciare mai ad un buon amico parole cattive che non potrà dimenticare“. Insomma nonostante si tratti di un contesto del tutto diverso dal nostro, i consigli di Gengis Khan non appaiono affatto differenti da quelli che, oggi, un padre potrebbe tramandare a suo figlio.