L’Ultima Cena è una delle opere più importanti del nostro paese. Un capolavoro fragile che nei secoli ha subito più degli altri l’usura del tempo con un deterioramento dello strato pittorico che oggi impedisce l’individuazione di alcuni particolari. Numerose ipotesi si sono rincorse negli anni, fino a quando, un lavoro accurato di restauro, ne ha permesso una visione più chiara. Phinin Brambilla, il restauratore che per un ventennio ha lavorato a stretto contatto con l’Ultima Cena, ha ipotizzato la presenza di pesce nei piatti sulla celebre tavola.
Ma un’ulteriore tesi, avanzata dal professore Varriano del Mount Holyoke College, ha proposto il consumo di anguille grigliate con agrumi. Una teoria, quest’ultima, che si basa soprattutto su un menu diffuso all’epoca di Leonardo più che sulle osservazioni. A contribuire ulteriormente alla ricerca è uno studio accurato di Stefan Gates, un esperto di cucina che ha trascorso diverse ore ad osservare con attenzione i dettagli dei piatti. Il risultato smentisce Varriano e rafforza la tesi di Phinin Brambilla: i commensali dell’Ultima Cena stanno consumando del pesce: un pasto estremamente simbolico per la religione cristiana.