Era il 2012 quando in Texas un imponente terremoto, classificato con una magnitudo di 4.8, fece tremare un’area a ridosso di un impianto di estrazione petrolifera. Un evento che fece immediatamente pensare ad un legame tra i pozzi petroliferi ed il terremoto. Ma sono bastati quattro anni di ricerca, agli scienziati della Standford University, per scoprire una sicura correlazione tra le grandi quantità di acqua usata per le perforazioni ed il sisma appena registrato.
La ricerca ha visto l’utilizzo delle scansioni in grado di misurare le deformazioni del sottosuolo registrando una serie continua di piccoli e grandi terremoti dall’inizio dell’attività. Le acque utilizzate dalle compagnie sono notevolmente contaminate dalle sostanze industriali e per questo motivo vengono immesse nel sottosuolo. Sono le iniezioni a grande profondità a causare i terremoti secondo i ricercatori. In sostanza il fluido, immesso ad una profondità superiore al chilometro e mezzo, ha un effetto “lubrificante” sulle fratture tra le rocce aumentandone i “movimenti”. Si tratta di un fenomeno in grado di scatenare terremoti anche di forte entità.