Che il caffè potesse avere delle ricadute immediate sull’umore, sull’insonnia e sulla reattività era ben noto, ma che potesse comportare dei determinati cambiamenti sull’attività di intere aree del cervello è davvero una sorpresa. E’ una studio dell’università di Stanford dal titolo Long-term neural and physiological phenotyping of a single human e reso noto sulle pagine della rivista Nature Communications a gettare una nuova luce sul consumo di caffè. La ricerca si è basata sulla reattività del cervello del professor Poldrack per un periodo di diciotto mesi. Una risonanza magnetica per dieci minuti per ben due volte a settimana ha consentito agli esperti di monitorare l’attività cerebrale connessa al digiuno, seguito dal professore nella giornata di martedì, proprio in occasione della risonanza magnetica.
Una serie di radicali differenze caratterizzava il funzionamento del cervello quando il corpo era a corto di caffè, soprattutto riguardo le aree dell’organo coinvolte nella visione e nel movimento: una vera e propria organizzazione differente di funzioni senza dubbio essenziali. Una correlazione già largamente comprovata dall’European Food Safety Authority che ha confermato come bastino 75 milligrammi di caffè per migliorare il livello di concentrazione. Altre ricerche hanno dimostrato anche un lieve aumento delle capacità di memorizzare, purché il consumo avvenga in dosi non eccessive.