Può la marijuana medica avere un ruolo nella cura dell’Alzheimer?

Quella nota con il nome di morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva, nonché la forma di demenza più comune. Si tratta di una patologia per la quale purtroppo, ad oggi, non esistono cure, ma soltanto farmaci in grado di rallentarne l’evoluzione.
L’Alzheimer comporta una progressiva perdita delle funzioni cognitive, andando a influire sulle capacità della persona di portare a termine le attività anche più semplici. Ad essere colpite sono inizialmente memoria, pensiero e parola.
Una patologia che porta un declino progressivofino a rendere il paziente totalmente invalido, e che ha un decorso molto lungo; si parla solitamente di 8 anni circa.
Sono molti gli studi che si stanno portando avanti per cercare una cura a questa terribile malattia, e ultimamente alcuni di questi si sono focalizzati sull’utilizzo dei semi di CBD per produrre marijuana medica destinata alla cura dell’Alzheimer.
In particolare, come riportato di recente dalla CNN, si è cercato di focalizzarsi sull’eventuale ruolo della cannabis nello stimolare la rimozione delle placche che si creano nel cervello a seguito della comparsa della malattia. In sostanza la cannabis, secondo questo recente studio del Salk Institute for Biological Studies in California, potrebbe avere effetti nel ridurre le infiammazioni che danneggiano i neuroni del cervello.
A fronte di tutto ciò, pur parlando di uno studio in fase ancora sperimentale e non ancora pronto per essere applicato su pazienti reali, secondo i ricercatori è ragionevole pensare che l’uso della cannabis possa avere potenzialità terapeutiche nel trattamento dell’Alzheimer.
Tali studi sono supportati da testimonianze raccolte dai familiari di persone affette da Alzheimer, i quali avrebbero affermato come l’utilizzo di THC, uno dei principi attivi della cannabis, sarebbe in qualche modo stato di giovamento per alleviare i sintomi della patologia, in quanto capace di ridurre, se non prevenire del tutto, la formazione di depositi di proteine neurali all’interno del cervello, che sono poi i soggetti responsabili della condizione neurodegenerativa.
Tutti motivi che hanno spinto i ricercatori impegnati in questo esperimento a proseguire sulla loro strada, convinti che qualche risultato incoraggiante possa emergere. E per la verità non è la prima volta che si tenta di mettere in correlazione la patologia dell’Alzheimer con l’utilizzo di cannabis: già nel 2014 uno studio condotto dall’Università della Florida era stato orientato in questa direzione, andando a dimostrare il ruolo del THC nella prevenzione dell’Alzheimer.
La strada da seguire sembrerebbe quindi essere in grado di portare a qualche risultato importante; e, considerando che si sta parlando di una patologia degenerativa per la quale ancora non esiste rimedio, qualunque valida proposta arrivi dalla scienza è ben accetta.