Di Teodoro Georgiadis – Un’altra brutta notizia per il nostro patrimonio culturale e per la meteorologia. A causa di un accorpamento operativo del CRA il CMA sarebbe trasferito dall’attuale, e storica, sede di Collegio Romano a Via della Navicella. La problematica principale del trasferimento è che nella nuova sede sarebbe di fatto impossibile trasferire l’archivio cartaceo costituito da schede contenenti i dati di oltre 850 serie meteorologiche (nazionali ed estere) a partire dalla seconda metà dell’800, con circa 30 serie ultracentenarie, 260 serie di circa 50 anni, circa 30 serie in aggiornamento su supporto cartaceo, per un totale di circa sei milioni di dati per ciascuna delle 6 variabili meteorologiche principali. Inoltre, per la biblioteca del CMA, che rappresenta un valore culturale inestimabile e viene considerata, e definita, la biblioteca centrale della meteorologia italiana possedendo materiali risalenti al XVI secolo, non sembra essere prevista una attività di salvaguardia e di possibilità di fruizione, seppur probabilmente permanendo nello stesso luogo, non avendo in previsione personale allo allo scopo. Meraviglia e preoccupa pure il destino dell’Osservatorio di Torre Calandrelli in quanto è in previsione il suo spostamento di qualche centinaio di metri: qualche centinaio di metri per un osservatorio storico di questa importanza, raccoglie osservazioni dal 1782, significa la morte della continuità della serie storica ovvero la perdita dell’identità scientifica e della possibilità di usare i dati per la pianificazione del territorio.
Il destino del CRA-CMA sembra essere purtroppo il destino ormai segnato per tutta la rete degli Osservatori storici. Pur rappresentando l’unico strumento efficace per l’interpretazione dei cambiamenti non solo meteo-climatici ma anche e sopratutto territoriali, strumento indispensabile per comprendere e gestire il sistema urbano, questo strumento sembra ormai aver perso appeal presso la politica che non cura minimamente la sopravvivenza di questo baluardo di conoscenza. Gli Osservatori ormai vivono dell’attività dettata solo dalla passione dei singoli, e di piccoli rivoli di risorse quando amministrazioni illuminate, ma poche purtroppo, decidono di adottarne uno. Un paese cosciente dell’importanza del proprio futuro preserva la conoscenza del passato, ma quale futuro per questo?