Il rapporto tra l’acqua nei terreni e le faglie, che generano i terremoti, è molto più stretto di quanto non sembri. Tra i tanti meccanismi d’interazione tra i due fenomeni, quello che finora ha creato più perplessità e, che per tale motivo è ancora studiato senza risultati non comprovati completamente, è quello secondo cui in seguito ai terremoti, i fiumi tendano a scorrere più velocemente: è’ davvero possibile? Potrebbe accadere che lo stato di compressione alla quale sono sottoposti gli ammassi rocciosi che accolgono l’acqua (falde acquifere) ed alimentano i fiumi in superficie, vengano letteralmente “strizzati”. L’acqua in eccesso si riversa nel fiume e ne aumenta la velocità di scorrimento. Si potrebbe verificare, altresì, che il terremoto fratturi le rocce agevolando la fuoriuscita dell’acqua interstiziale che, viene inevitabilmente recepita dai corsi d’acqua.
Studi in merito, sono stati eseguiti fin dal 1906, quando con il terremoto di San Francisco, generato dalla dislocazione della faglia di San Andrea, si osservò proprio come fiumi e ruscelli, immediatamente dopo l’evento sismico e, senza piogge, subirono un aumento di portata significativa. I meccanismi descritti finora, per dare qualche spiegazione a tale fenomeno, possono verificarsi ma, sono dovuti a dei comportamenti specifici di particolari tipi di roccia. Il problema è, in realtà, “arealmente” più diffuso e necessita di trovare delle cause meno specifiche. Il terreno è un elemento naturale “eterogeneo”, si compone cioè di tre fasi quella solida (granuli), quella liquida ( acqua interstiziale) e quella gassosa (aria nei pori). Il terremoto con il suo “scuotimento” fa “costipare” il terreno, i granuli solidi prendono il posto di quelli vuoti e l’acqua presente viene inevitabilmente espulsa, alimentando fiumi e torrenti nelle vicinanze. Si sa, i corsi d’acqua scorrono da monte a valle per gravità, per cui tanto maggiore è la portata, tanto lo sarà la loro velocità di scorrimento.